Roccaverano

Comune di Roccaverano

Davide Gamba,  
2016-11-08 23:51:05

LA STORIA

Il nome del paese - di cui si suppone esistesse un nucleo già in età romana - deriva dalla vicina presenza del torrente Ovrano, incassato nei calanchi verso Mombaldone. Rocha Uverani è detto nei più antichi documenti, anche se nel X secolo un diploma dell'imperatore Ottone l, che concedeva il dominio del luogo ad Aleramo, riporta la dizione Ruspaverano, da cui si ottenne poi l'attuale Roccaverano.

Il paese si sviluppò come centro di notevole importanza nell'ambito dei domini aleramici di Bonifacio del Vasto, che morendo divise la Marca fra i suoi figli, determinando così la frammentazione politica della Langa. Il suo erede Ottone I Del Carretto ebbe giurisdizione sui luoghi di Castino, Bosia, Torre Borrnida, Castelletto Uzzone, Vesime, Saleggio, Scaletta, Bergolo, Pezzolo, Torre Uzzone, Gorrino, Lodisio, Serole, Olmo, Perletto, Roccaverano, Mombaldone, Denice, Ponti, Cortemilia, Bubbio, Cassinasco, Borgomale, Monastero, Benevello, Santa Giulia, Monchiero, Lequio, Novello e Saliceto.

Nell'ambito di questo vasto dominio Roccaverano non era certo il luogo di minor importanza per la sua dislocazione strategica, al punto che ben presto fece gola agli Astigiani, alla continua ricerca di strade sicure per i loro commerci con la costa ligure.

Nel 1209 Ottone Del Carretto e il figlio Ugo vennero dunque a patti con il Comune di Asti e dietro promessa di investitura alienarono tutti i loro possessi delle Langhe per 1000 lire genoine. Fra le altre località era compresa Rocha Vevrana. Asti annoverò dunque Roccaverano tra i propri feudi, lo inserì nel Codex astensis al capitolo XXXIX e quando, molto più tardi, il codice fu trascritto, venne raffigurata in una miniatura l'immagine del castello, con una cortina merlata senza aperture che potrebbe corrispondere al palazzo, addossata a una torre cilindrica, molto simile a quella tuttora visibile.

Come feudo astigiano il borgo rimase alla famiglia Del Carretto e fu assegnato a Enrico III, fratello di Ugo, che probabilmente vi elesse la sua residenza, sicché nel 1240 viene detto Signore di Roccaverano. Da Enrico discesero Guglielmo (ricordato tra i fedeli di Carlo d'Angiò nel 1269) e quel Bonifacio, signore di Ponti, al quale si deve l'edificazione del castello, come ricordava una lapide letta dal Vergano e murata presso l'ingresso della torre. Secondo questo documento nel 1204 (ma probabilmente la data va posticipata di qualche decennio) "dominus Bonifacio de Carreto" aveva fatto costruire "boc castrum quod vocatur Rocba Bianca", all'età di 26 anni. Nel 1322 fu proprio un nipote di Bonifacio, che portava lo stesso nome dell'avo, a donare il feudo di Roccaverano, insieme con Manfredo Del Carretto della linea di Cairo, al marchese Manfredo IV di Saluzzo. I Saluzzo, che non avevano interessi per le Langhe, alienarono dopo alcuni anni il paese, che nel 1337 fu da loro venduto a Oddone, Giacomo, Matteo, Giovannone e Tomasino, tutti figli di Antonio Scarampi, insieme con i feudi di Cortemilia, Vernetta, Castelmartini, Bubbio e Santa Giulia.

Con tale imponente acquisto, del valore di 110.000 franchi, gli Scarampi divennero signori incontrastati dell'intero territorio. La loro grande ricchezza proveniva dall'attività bancaria che svolgevano in Francia; già nel 1292 Filippo il Bello concedeva loro di essere considerati borghesi del luogo dove risiedevano, affrancandoli dalle tasse ed esazioni cui erano soggetti, e altri privilegi ottennero in seguito per la loro attività alle fiere di Champagne. La loro professione bancaria, ovviamente, non era aliena dal ricorso all'usura, a tal punto che il termine scaramps divenne sinonimo di usuraio persino in qualche documento ufficiale e, secondo uno statuto fiammingo del secolo XIII, era da considerarsi un'ingiuria. Dei figli di Stemma degli Scarampi presente nella chiesa cimiteriale di San GiovanniAntonio, Giacomo portò il titolo di signore di Altare e di Roccaverano, che fu mantenuto dai discendenti, fino all'estinzione del ramo maschile, terminato nel 1575 con Claudia Maria, figlia di Alessandro e moglie di Bonifacio Valperga di Caluso.

Scarampi, Valperga, Scaglia e Della Rovere si divisero, non senza liti, il feudo di Roccaverano all'inizio del Seicento.

Durante il secolo XVll il castello dovette subire, per la sua posizione strategica, occupazioni diverse da parte degli eserciti che combattevano sul suolo piemontese. In occasione della guerra di Monferrato venne espugnato nel 1615 dagli Spagnoli, comandati da don Luigi di Cordova, dopo essere stato strenuamente difeso dai Francesi che, alla resa, ottennero l'onore delle armi. Nel 1633 venne messo a sacco dalle milizie napoletane che erano dirette in Alsazia e nel secolo successivo subì altre due occupazioni, una francese nel 1715 e una spagnola nel 1744.

Carlo Emanuele IIIntanto Carlo Emanuele II acquistò dai Valperga marchesi dell'Olmo i diritti che questi avevano su Roccaverano nel 1673 e in seguito furono comprate dai Savoia anche tutte le ragioni feudali superstiti degli Scarampi, il che comportò per la popolazione la rinuncia agli antichi diritti concessi dai Del Carretto, compresa l'esenzione dai dazi e dalle imposte per le merci. Di questo remoto privilegio resta una documentazione nell'analisi dei confini e dei territori dei paesi della Langa Astigiana. Ogni Comune, anche distante - ad esempio Loazzolo - ha una striscia di territorio che si insinua fino alla valle della Tatorba e tocca, magari solo per pochi metri, il territorio Roccaverano, in modo che le some e i carriaggi potessero evitare la successione onerosa di posti di blocco feudali con relative gabelle. Persino il lontano Sessame aveva il suo collegamento diretto, che fu oggetto di scambio territoriale con Monastero nei primi anni del Novecento.

 

PRESENTAZIONE

È la piccola capitale della Langa Astigiana, il paese più alto, il più rappresentativo, il più esteso, quello che giustifica l'essenza montana dell'intero territorio. Isolato sulla grande collina che divide le due valli Bormida, circondato dalla chiostra di torri che hanno costituito per secoli la sua difesa, immerso in uno scenario di boschi e terrazze, di cascine e di pascoli, Roccaverano è avvolto in una dimensione mitica che sembra protesa al di là e al di sopra del tempo e dello spazio. Ogni casa, ogni portale, ogni immagine scolpita o dipinta delle sue chiese trasuda di storia, di fatti e vicende dei secoli passati.

Non si è spenta nelle vallate l'eco delle masche e delle fattucchiere contadine che compivano diabolici scherzi ai viandanti ignari, né si è perduto il ricordo delle grandi nevicate dei decenni passati, quando le frazioni restavano isolate per settimane e si scavavano gallerie nella neve per mettere in collegamento le case e le stalle. Altri tempi, in cui si partiva a piedi per la fiera di Cortemilia, per i balli di Spigno, per il treno di Bistagno; e il viaggio durava giorni, incrementando quel senso di isolamento e di solitudine in cui il paese era ed è avvolto. La conseguenza di tutto ciò è stato lo spopolamento, la partenza dei giovani dalle cascine, l'abbandono dei coltivi, la scomparsa della vigna siamo al limite di altitudine tollerata e il ristagno dell'economia agricola.

Roccaverano oggi conta circa 500 abitanti (rispetto ai quasi 3000 di mezzo secolo fa) e la percentuale di anziani è impressionante. Eppure il paese non è morto anche perché sta lentamente scoprendo la sua dimensione turistica, sta valorizzando, pur tra le mille difficoltà dettate dalla ricerca dei finanziamenti adeguati e dall'esecuzione dei lavori, i tesori d'arte che il passato ha lasciato, sta portando avanti un'efficace promozione dei suoi tesori gastronomici , dalla robiola alla nocciola, dal capretto ai salumi e delle sue bellezze naturali.

La Langa, qui, ha un che di grandioso, di imponente. La collina domina sulle valli, incombe sui paesi sottostanti. E' una collina selvaggia ma anche modellata dall'uomo, geometria di terrazze costruite a secco con l'arenaria locale per ottenere rari appezzamenti di terra piana su cui seminare il grano o far crescere il prato per le capre. Oggi nessuno si spacca più la schiena per coltivarle e per effettuare la manutenzione annuale e a poco a poco vanno scomparendo, divorate dalla vegetazione. Un ecomuseo che si dissolve e che invece potrebbe costituire una caratteristica pregnante del territorio, un simbolo, un forte elemento di appartenenza.

Come lo sono la piccola, delicata orchidea spontanea che cresce solo sui prati del Bric Puschera - sulla strada per Serole - e la ormai rarissima capra autoctona di razza Roccaverano, che una accorta politica agricola della Comunità Montana ha salvato dall'oblio. Frammenti importanti per mantenere e difendere un'identità locale che configura questo territorio nella sua unicità.

 

COSA VEDERE

La Torre. Alta quasi 30 metri, ha una circonferenza di 26,50 metri e lo spessore del muro alla base supera i due metri.

La sommità è adorna di tre ordini di archetti pensili, sorretti da semplici mensoline, e ogni ordine è sormontato da un motivo ornamentale a denti di sega.

La torre presenta un'apertura all'altezza di oltre sette metri, forse collegata da una galleria a volta al secondo piano del palazzo. A ponente c'èun'altra porta, piccola, che immetteva al primo piano, di più difficile interpretazione per l'assenza di casi analoghi in Piemonte.

Il materiale usato per la costruzione è la pietra arenaria, squadrata in blocchi regolari disposti con ordine in file orizzontali. L'elevazione della torre e la sua solidità si giustificano sia come punto di riferimento per i castelli vicini, sia come valido strumento difensivo: all'interno di essa partiva, per i casi disperati, un sotterraneo che conduceva all'aperto.

Fra la torre e il muro superstite del castello oggi si estende un parco, ma dal piazzale antistante la facciata si coglie abbastanza bene l'effetto che doveva rendere l'accostamento del massiccio palazzo a pianta rettangolare, lungo e stretto, alla torre cilindrica che lo sovrastava.

Il muro rimasto non presenta porte d'accesso, ma soltanto finestre, che ne interrompono la compatta struttura: al piano superiore si aprono sul vuoto tre bifore archiacute con colonnina centrale, sovrastate da cornice in pietra: inferiormente quattro feritoie denunciano l'uso in prevalenza militare del castello.

 

Chiesa Santa Maria Annunziata. (Link)

 

Infromazioni tratte dal sito del Comune di Roccaverano







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