Loazzolo

Comune di Loazzolo

Davide Gamba,  
2016-11-05 22:59:30

LA STORIA

Anche Loazzolo appartenne ad Aleramo - il mitico capostipite della marca che si estendeva per gran parte del Basso Piemonte - e fu dato in eredità a uno dei suoi figli. Di qui, di generazione in generazione, fu infeudato a Bonifacio del Vasto, poi ai Del Carretto, infine a Guglielmo di Busca. Le poche notizie storiche disponibili vengono desunte da alcuni documenti del Codex Astensis e sono relative ad atti di dedizione al comune di Asti da parte degli uomini di Loazzolo, dipendenti dai signori di Canelli, stipulati nel 1217 e rinnovati nel 1274, anno in cui il 4 di ottobre avvenne la reale presa di possesso del castello.

Gli Astigiani erano particolarmente interessati a garantirsi un accesso sicuro al mare, per permettere ai loro mercanti di trafficare indisturbati senza pagare pedaggi ad Acqui o ai signori delle Alte Langhe, soprattutto dopo che Bonifacio di Ponti, forte del dominio esercitato su Roccaverano, impose uno stretto controllo sulle grandi vie di comunicazione che passavano nel suo territorio. Il castrum di Loazzolo serviva proprio allo scopo di difendere e proteggere la via - secondaria ma vitale - che scendeva in valle Bormida e poi risaliva sulla Langa di San Giorgio per scendere nuovamente a Spigno. Come d'usanza, il Comune di Asti diede Loazzolo in feudo a nobili locali, per la precisione Bonifacio Cornellario, Nicolotto Greco, Enrico di Guglielmo e Sismondo Alberto di Camo, mentre contemporaneamente i signori di Canelli e di Calamandrana, a conferma dell'interesse strategico del percorso collinare, si impegnavano a mettere a disposizione della difesa del borgo 10 soldati, dietro ricompensa di 800 lire.

La piccola comunità seppe svilupparsi e acquistò anche un certo prestigio locale, ad opera soprattutto di Bartolomeo Genarro, procuratore generale della signora Tiburzia Fieschi, moglie di Alberto Del Carretto. Fu lui a rappresentare la nobildonna il 18 febbraio 1300, all'atto della vendita di Vesime a Bonomo Asinari. Intanto si era sviluppato il castello, che raggiunse dimensioni considerevoli, almeno stando alla miniatura del Codex Astensis che lo raffigura. Il prezioso disegno data al 1355, anno in cui l'imperatore Carlo IV di Lussemburgo confermava l'investitura a Giovanni di Monferrato di molti feudi tra cui anche Loazzolo. Nel 1530 l'imperatore Carlo V lo infeudò invece agli Scarampi.

Resti del muro di cinta del castelloIl castello fu abbattuto nel secolo XV. Sorgeva alla sommità della collina, a monte dell'attuale paese. Da alcuni testi di storici locali si deduce che agli inizi del Novecento c'era ancora qualche resto 'visibile da lontano per la sua torre mozza, avanzo di un diruto castello che fu dei Galvagno di Bubbio'. Oggi rimane solo una parte del muro perimetrale che non rende ragione della complessità e della posizione strategica di un edificio da cui era possibile ricevere o inviare segnalazioni a Vengore, Roccaverano, San Giorgio, Perletto, Monastero, Bubbio.

Nel 1703 Loazzolo passò sotto il dominio della casa Savoia che lo eresse in Marchesato a favore dei Cacherano Crivelli Scarampi dai quali passò poi ai Cavoretto di Belvedere. Da questo periodo il villaggio seguì le vicende piemontesi, partecipando prima alla guerra contro Napoleone e poi alla costruzione dell'Unità d'Italia.

Intorno alla metà del secolo scorso Loazzolo contava 881 abitanti, il suo territorio era prevalentemente ricoperto da boschi di castagni, pini, noci, olmi, pioppi, querce. Nel 1951 c'erano 916 abitanti, mentre la crisi demografica del secondo dopoguerra ha portato la popolazione attuale a poco più di 350 unità.

C'è una frazione importante nella valle, detta Quartino, con bar e distributore di carburante, oltre che fermata del pullman di linea lungo la provinciale che collega Bistagno a Cortemilia. Loazzolo ha sempre sottolineato la propria presenza anche nel fondovalle, al punto che nel 1852-1856 fu l'unico paese d'altura a concorrere a una spesa cospicua per la costruzione e la sistemazione dello 'stradone' tuttora esistente.

 

PRESENTAZIONE

 Qui, sulle terrazze solatie dove cresce il fico d'India e dove il rosmarino pervade l'aria di profumi mediterranei, non passano più i lupi nelle notti d'inverno alla ricerca del cibo nelle stalle delle cascine. Ma un tempo erano un pericolo serio per le genti della collina e soprattutto per i pochi abitanti di questo posto isolato e arroccato. Lupatiolum lo chiamarono - forse un po' spregiativamente - le genti della bassa valle, paese da lupi, luogo selvaggio e dirupato dove famiglie numerose si spaccavano la schiena per dissodare i versanti tufacei e modellare il suolo con i terrazzamenti di pietra. 

Ancora nel 1850 un editto del giovane ministro dell'agricoltura Camillo Benso di Cavour ricompensava i contadini del paese con uno scudo d'argento per ogni capo abbattuto, segno che la condizione non era mutata di molto dal Medioevo in avanti.  

Eppure questa terra dei lupi baciata dal sole, perfettamente esposta anche se difficile da coltivare, nasconde il più prezioso tesoro della Langa Astigiana, un nettare dal colore ambrato che racchiude in sé ogni fiore, ogni erba, ogni profumo, ogni soffio di vento di questa collina. 

Lo hanno chiamato, giustamente, Loazzolo, per sottolineare lo strettissimo legame tra il paese, la sua gente e il vino dolce passito più famoso d'Italia, che non teme i confronti con Chablis e Sauternes e si sposa alla perfezione con la robiola di puro latte caprino un po' cremosa e ben stagionata nella foglia del cavolo. Lo trovate sulle tavole dei migliori ristoranti di New York e di Oslo, di Parigi e di Tokyo, di Londra e di Mosca, nelle bottigliette da mezzo litro vendute a prezzi da capogiro, eppure sono solo una mezza dozzina i coraggiosi pionieri che hanno tentato la produzione quando nessuno ci credeva e i tentativi di Giancarlo Scaglione venivano etichettati come fantasie di un enologo un po' strambo che non sapeva vivere nella realtà quotidiana.  

Questa è la vera realtà, il vero futuro di Loazzolo. Un piccolo borgo con bei caratteri antichi, stradine strettissime cinte da muri in pietra, la casa di Ranaboldo dove si organizzano manifestazioni culturali e mostre d'arte, e poi le vigne; vigne a perdita d'occhio piantate a moscato, di cui solo una piccolissima percentuale selezionata con cura certosina entrerà a far parte del prezioso Passito. Loazzolo da vedere e, soprattutto, da bere.

 

COSA VEDERE

Chiesa di Sant'Antonio Abate. (Link)

 

Informazioni tratte dal sito del sito del Comune di Loazzolo

 







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